Forse ho sprecato tanto tempo a odiare la mia terra più di quanto l’abbia mai amata. Forse avrei potuto volerla conoscere meglio. Crediamo che per il solo fatto di essere parte di un luogo sappiamo di esso più degli altri. Ma non è così. Non lo è almeno tanto quanto non conosciamo nemmeno noi stessi, fino in fondo.
E spendiamo la vita per scoprire chi siamo. E banalmente cerchiamo di scoprirlo in tanti modi estranei, lontani dalla verità, attraverso le esperienze terrene e fugaci. Di rado ci viene in mente che magari, per sapere qualcosa di più vero della nostra intima natura, è dal luogo in cui siamo nati e vissuti che dobbiamo partire.
Il colore di cui la vita ci ha dipinto è stato raccolto dalla stessa tavolozza che ha dipinto i cieli su di noi, la terra che calpestiamo, il mare in cui affondiamo. Le controversie dell’anima che ci turbano sono di sicuro le stesse vibrazioni dell’aria che respiriamo e non tormentano solo noi, ma pur stessa la polvere che inghiottiamo ogni di’, senza rendercene conto.
Non è forse un caso che abbia incominciato a sentire questa spinta dalle viscere proprio man mano che mi addentravo nell’età matura. E pensare che ho sempre creduto di aver perso tutte le mie occasioni.
Ma che pace trovo adesso nel rendermi conto che “ogni cosa ha il suo tempo” e che tutti i mali e che tutti i beni di cui dono mi è stato fatto fino ad oggi, mi sono stati necessari per ricondurmi a lei, alla mia Sicilia, che ho maledetto e accusato una notte sì e una no negli ultimi venti anni della mia vita.
Trattengo a stento la commozione mentre realizzo quanto amore io senta per lei, invece. E quanto mi rassomigli nel profondo, in ogni piega amara, tra la luce e l’oscurità, tra la ragione e l’irrazionalità. Lei, un mosaico variopinto di mille vite insieme ed io un suo pezzetto colorato, con le mie tante sfumature che, in lontananza, ricordano Sicilia mia madre.
“Sicilia mia madre” nasce insieme a me, il giorno in cui ho fatto tabula rasa di quel che ero e mi sono concessa alla morte per risorgere al Plemmirio di Siracusa, abbagliata dalla luce del faro che emergeva prepotente da uno scenario tanto arido e desolato quanto struggente e bellissimo.
Così ho intrapreso quel meraviglioso viaggio verso me stessa e la mia Terra, laddove i due mondi si fondono e sovrappongono e, citando Bufalino, in affanno ma felice cerco di “districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del mio destino”.